Va però precisato che esistono materiali ceramici per edilizia molto porosi e tuttavia dotati, come la quotidiana esperienza può

confermare, di resistenza al gelo: si pensi ai alle tegole in laterizio, il cui assorbimento d’acqua può superare il 10%, o alle

pavimentazioni in cotto delle piazze di molti paesi dell’Italia centrale.

Il buon comportamento al gelo di tali materiali è interpretabile facendo riferimento alla particolare distribuzione della forma e delle

dimensioni dei pori che li caratterizza.

La misura della resistenza al gelo deve sempre essere eseguita qualora le piastrelle siano destinate ad impieghi nelle condizioni descritte,

e quando il fornitore “garantisce” la prestazione di resistenza al gelo oppure quando la prestazione è richiesta da riferimenti normativi.

Un aspetto importante da ricordare è il seguente: la garanzia di resistenza al gelo non deve essere espressa in termini generici (ad

esempio con termini come “piastrelle ingelive”) ma deve sempre essere accompagnata dalla norma, la UNI EN ISO 10545.12, relativa

al metodo di prova che definisce le condizioni operative rispetto alle quali la prestazione di resistenza al gelo viene misurata.

Può quindi capitare che una pavimentazione piastrellata in esercizio manifesti danneggiamenti attribuibili all’azione del gelo e che questi

si evidenzino sulle piastrelle stesse: questo non necessariamente però è causato da scarse prestazioni delle piastrelle, ma spesso è dovuto

ad inadeguatezza delle operazioni di installazione e/o di manutenzione.

COME SI MISURA

Il metodo riportato dalla norma UNI EN ISO 10545.12 è applicabile a tutte le piastrelle di ceramica che devono essere utilizzate in

condizioni di gelo in presenza d’acqua.

La prova, che deve essere effettuata su una superficie minima pari a 0,25 m2 e su non meno di 10 piastrelle intere esenti da difetti, si

suddivide schematicamente nelle seguenti tre fasi:

1 - impregnazione in acqua (sottovuoto) e definizione dell’assorbimento d’acqua iniziale (E1);

2 - esecuzione, in idonea cella climatica, di 100 cicli di gelo/disgelo. Ogni ciclo è così articolato:

• raffreddamento delle piastrelle fino a temperatura inferiore a -5 °C;

• permanenza a temperatura inferiore -5 °C per 15 minuti;

• introduzione di acqua a 20 °C per portare le piastrelle a temperatura superiore a +5 °C;

• permanenza a temperatura +5 °C per 15 minuti;

3 - esame visivo per rilevare la presenza di qualsiasi danno sulla superficie di esercizio

e sui bordi delle piastrelle; determinazione dell’assorbimento d’acqua finale (E2).

In assenza di danni visibili, variazioni significative dell’assorbimento d’acqua prima e dopo i cicli di gelo/disgelo sono un sintomo di

variazioni microstrutturali che potrebbero preludere al probabile cedimento dei pezzi: quindi anche se le piastrelle sono da considerarsi

resistenti al gelo, è bene valutare le sollecitazioni prevedibili in esercizio, limitando l’esposizione a condizioni di gelo gravose e, soprattutto,

frequenti.

È noto infatti che il danno da gelo è funzione soprattutto del numero di cicli (cioè del passaggio attraverso la temperatura di 0 °C in

corrispondenza della quale avviene il passaggio di stato acqua/ghiaccio) piuttosto che della bassa temperatura; è anche molto importante

la velocità di raffreddamento (in particolare in prossimità di 0 °C), a cui è legata la velocità di formazione del ghiaccio e l’instaurarsi di

tensioni che possono portare alla rottura della piastrella.

La norma riporta “ripetere il ciclo per un minimo di 100 volte”, indicando implicitamente che, qualora particolari condizioni climatiche lo

richiedano può essere richiesta al laboratorio la prova di resistenza ad un numero maggiore di cicli.

Le altre numerose condizioni naturali esistenti nella pratica e che hanno incidenze sul comportamento al gelo dei materiali

ceramici, non sono contemporaneamente riproducibili in laboratorio. Per questo motivo si è internazionalmente convenuto che

il fatto che un materiale superi la prova di laboratorio deve essere considerato come un’attestazione di buona propensione

a resistere al gelo anche nelle condizioni di esercizio, ma non una garanzia assoluta che in talune situazioni e condizioni di

esercizio il materiale non debba presentare questo tipo di danno. Con “buona propensione” si intende una percentuale pari al 70-

80%: esiste perciò un 20-30% di possibilità che le piastrelle risultate resistenti alla prova di laboratorio nella pratica non lo siano.

COME SI VALUTA

La norma UNI EN 14411 (ISO 13006) richiede la resistenza al gelo solo per le piastrelle estruse e pressate con assorbimento d’acqua

non superiore al 3%, quindi per i gruppi AI, BIa e BIb. Per gli altri gruppi è indicato “metodo di prova disponibile”.

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