Un mondo a due dimensioni
Allontanarci dalla corposità e stereometricità dell’architettura così come affrontato in
Involucri in cotto (2018) per avvicinarci al piano orizzontale e al tema delle superfici
pavimentali equivale a mettere in evidenza un diverso rifluire della materia. Sin dalle
origini, il pavimento – anche quando è ancora una semplice stuoia, un tappeto disegnato,
o già un ricercato “battuto di cotto” impreziosito da scaglie litiche – rappresenta lo
strato materico che separa, lungo la linea orizzontale, il naturale dall’artificiale; elemento
architettonico di natura composita suddivisibile in strato apparente (la superficie ottica
in quanto visibile e, allo stesso tempo, superficie funzionale in quanto calpestabile) e sub
strato (la parte solida, massiva, portante, ma obliterata). Nell’atto di separazione al quale
è chiamato, il pavimento – in particolare il suo sub strato – deve opporsi alla forza viva
della nuda terra per evitare che quest’ultima imponga le leggi della sua costante e ciclica
rigogliosità rigenerativa fatta di erbe e arbusti affioranti, di spinte e sommovimenti del
suolo, di trasmissione verso l’alto di umidità e di sali ecc. Affinché si crei un pavimento
“salubre”, “efficiente”, “duraturo”, il suolo deve essere bonificato, solidificato, artificializzato,
reso portante, facendo affidamento, in particolare, sul sub strato, in genere composto
da una “stratificazione materica” di significativo spessore; con tale sottostruttura – posta
a frenare la natura “spingente” dal basso – siamo, chiaramente, nella parte sommersa
inaccessibile alla vista, destinata a risolvere il problema tecnico.
Alfonso Acocella
Docente ordinario
all’Università degli Studi
di Ferrara, Dipartimento
di Architettura, Corso
di Design del prodotto
industriale
Full professor at University
of Ferrara, Department of
Architecture, Degree Course
in industrial design
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Gallerie degli Uffizi,
Firenze
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Gallerie degli Uffizi,
Florence
A world in two dimensions
Moving away from the full-bodied and
stereometric nature of architecture as dealt
with in Involucri in Cotto (2018) to get closer
to the horizontal plane and the theme of
floor surfaces is tantamount to highlighting
a different flow of matter. From the very
beginning, the floor – even when it is just
a simple mat, a designed rug, or already
a refined “beaten terracotta” embellished
with lithic flakes – represents the material
layer that separates, along the horizontal
line, the natural from the artificial; an
architectural element of composite nature
that can be divided into apparent layer (the
optical surface as visible and, at the same
time, functional surface that can be walked
on) and sub-layer (the solid, massive, load-
bearing, but obliterated part).In the act
of separation to which it is called, the floor
– in particular its sub layer – must oppose
the living force of the bare earth in order
to prevent the latter from imposing the law
of its constant and cyclical regenerative
luxuriance made up of outcropping grasses
and shrubs, soil pushes and upheavals,
upward transmission of moisture and
salts, etc. In order to create a “healthy”,
“efficient”, “long-lasting” floor, the soil must
be reclaimed, solidified, artificialized, made
load-bearing, relying, in particular, on the
sub-layer, generally composed of a “material
stratification” of significant thickness;
with this substructure – placed to curb the
nature pushing from below – we are, clearly,
in the submerged part inaccessible to the
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