L’area di produzione tipica del Ferrone con gli affioramenti continui di queste argilliti
così particolari e la presenza di un corso d’acqua ricco come il Fiume Greve si è potuta
sviluppare anche per altri elementi specifici di natura geografica e storica.
Già dal tempo dei romani il suo antico insediamento si trovava infatti lungo il tracciato
della Cassia adrianea che confluendo nella Strada Volterrana, poteva consentire anche
un rapido accesso verso Firenze. In particolare, fu proprio l’espansione di questa città
e la crescita demografica ed economica delle sue campagne con le splendide ville del
periodo rinascimentale che successivamente hanno rappresentato i presupposti per la
crescita costante del settore a livello quantitativo e qualitativo.
Fu quasi inevitabile allora che perfino il Brunelleschi, interpellato riguardo alla fabbrica
del Duomo di Firenze, si sia spinto fino sul crinale di San Giusto a Monterantoli per
scoprire un marmo dal particolare colore rossastro che avrebbe abbellito la facciata di
Santa Maria del Fiore. Probabilmente però non prima di aver visitato qualcuna delle fornaci
lungo la Greve, a pochi chilometri di distanza da lì, per commissionare i mattoni e gli
embrici per la copertura della sua splendida Cupola, che poi, avrebbe fatto realizzare
sotto il suo diretto controllo.
Allora ci si può azzardare a dire che la componente più importante che rende così speciale
il cotto fiorentino è una componente immateriale come il tempo. Viene un senso di
vertigine a pensare ai più di duecento milioni di anni che sono dovuti trascorrere perché
tornassero in superficie i depositi accumulati in fondo all’oceano. È solo grazie a questo
intermezzo lunghissimo che questi materiali si sono potuti arricchire e modificare nella
loro mineralogia e petrografia.
Ed è proprio grazie al tempo che si possono esaltare al massimo le qualità del cotto che
attraverso il passaggio in fornace ritrova la natura e l’essenza delle rocce dalle quali deriva.
Per verificare non è indispensabile andare sulla Cupola del Brunelleschi; dalle nostre parti,
per fortuna, c’è ancora qualche rudere disabitato. È qui che si devono cercare i nostri
mattoni e le nostre tegole, i vecchi vasi sull’uscio di casa, ancora più belli dopo decine
di anni di abbandono, sotto la neve o sotto al sole, aspettano solo che il tempo passi.
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Abitazione privata, Lucerna, Svizzera, Architetto Scheitlin Syfrig
Finitura / Finish Pelle di luna
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It was therefore almost inevitable that even
Brunelleschi, called in for the construction
of the Duomo of Florence, went as far
as the ridge of San Giusto in Monterantoli
to discover a marble of a particular reddish
color which would embellish the façade of
Santa Maria del Fiore. But probably not before
having visited some of the furnaces situated
along the Greve river, a few kilometers from
there, to commission the bricks and tiles
to cover his splendid Dome which he then
had constructed under his direct control.
So one can venture to say that the most
important component that renders Florentine
terracotta so special is an immaterial
component such as time.
One can get dizzy thinking that more than
two hundred million years had to pass in
order that the deposits accumulated at
the bottom of the ocean returned to the
surface. It is only thanks to this very long
interval that these materials were able to
enrich themselves and modify themselves in
terms of mineralogy and petrography.
It is exactly thanks to time that one can
exhalt the quality of terracotta to the
maximum – through its passage in the
furnace it finds again the nature and
the essence of the rocks that it derives from.
To verify this it is not indispensable to go
to Brunelleschi’s Dome. Fortunately there
are still some uninhabited ruins in our area.
It is here that one must look for our bricks
and our tiles, the old pots at the entrance
of the house, even more beautiful after
decades of abandon under the snow or
under the sun, just waiting for time to pass.