di Fulvio Irace
Impegnato a vincere, il corridore sul campo da corsa guarda solo in avanti: per lui
importante è il traguardo, non il punto di partenza. Diverso il punto di vista
del cronista: seduto in tribuna, fa il resoconto dell’evento e poi, alla fine della
corsa, ne commenta la performance, ricostruendone l’attesa, lo scatto, la velocità
e la durata. Come un corridore, un capitano d’industria raramente pensa
al passato, se non come riferimento per fare meglio nel futuro: la sua storia
d’impresa, all’inizio, è sempre simultanea – una continua corsa a ostacoli,
inframmezzata da pause tecniche e da sedute d’allenamento.
Ciò che conta è la qualità del nuovo, la sua capacità di infrangere record: perciò
si immagina sempre in movimento, quasi che fermarsi a ricordare ciò che è stato
sia solo una perdita di tempo o, magari, addirittura un atto di riprovevole vanità.
È l’etica del lavoro che, in quella fabbrica a cielo aperto che è il distretto brianzolo
del design, si traduce nella brusca ritrosia di chi pensa di aver solo fatto il proprio
dovere, di aver obbedito a null’altro che a una regola – una regola non scritta
ma praticata in operoso silenzio da generazioni di padroni e di operai, tutti assieme
in quella realtà, quasi più mistica che mitica, che è il capannone industriale.
In questo senso la storia di UniFor, che compie nel 2019 i suoi primi cinquant’anni,
è la comune storia di successo di tante aziende del design che hanno costruito la
leggenda del Made in Italy; ma con una declinazione particolare, quella vocazione
per l’architettura che la rende, allo stesso tempo, assai idiosincratica e particolare.
Catalogo storico del sistema Modulo 3.
Sistema Modulo 3, design Bob Noorda e Franco Mirenzi,
rifotografato all’inizio degli anniottanta per la nuova immagine
coordinata UniFor a cura di Pierluigi Cerri.
Stabilimento UniFor
a Turate, 1985.
Aldo Rossi, AR90 1990.
4
5
Studio Cerri & Associati,
esterno dello spazio UniFor,
Orgatec 2010, Colonia.
#UniforWorkEnvironments