È stato Paolo Portoghesi, all’inizio degli anni ottanta, a definire

in modo univoco il senso di una parola paradossale ed irritante

come postmoderno. Non una etichetta nuova quanto piuttosto

la possibilità di mettere insieme provvisoriamente e paragonare

tra loro cose diverse, nate però da un comune stato d’animo di

insoddisfazione nei confronti di quell’insieme altrettanto eterogeneo

di cose che va sotto il nome di modernità. Postmoderno come

rifiuto, rottura, abbandono, assai più di quanto non sia imbocco

di una direzione di marcia. Ciò che moltissimi oggi non vogliono

più è il moderno invecchiato: quell’insieme di formule che hanno

acquistato - muovendo dagli anni venti - la chiarezza e la rigidità

di una specie di statuto in cui sono raccolte leggi generali che

non possono essere disattese.

In quello statuto veniva censurata, come vizio capitale, ogni

ornamentazione degli oggetti d’uso nel nostro arredamento e

nelle nostre abitazioni, quasi si trattasse di una vera e propria

colpa. La convinzione che solo l’utile equivalesse al bello,

si è rivelata una delle più grandi e pericolose utopie dell’era

razionalista, a partire dalla famosa frase di condanna rivolta a

suo tempo da Adolf Loos contro l’ornamento. Oggi, finalmente, si

riscoprono i valori non certo di un decorativismo superfluo, che

ricopre oggetti funzionalmente compiuti con inutili abbellimenti,

ma i valori di una ornamentazione autentica ed efficace: efficace

per rendere più gradevoli molti oggetti della quotidianità ed

anche per convertire - talvolta - in “opere d’arte” molti prodotti

che, senza l’intervento ornamentale, sarebbero solo spoglie

morte, senza vita né fascino. Ed è toccato appunto al mosaico

svolgere questa straodinaria funzione di orientamento verso il

recupero di alcuni aspetti della tradizione, rimescolando le acque

con risultati più che lusinghieri.

I TAPPETI DI

MOSAICO

Caduta ogni residua censura decorativa il mosaico - liberato

ormai dalle sue storiche ossessioni pittoriche ed architettoniche -

pone le sue qualità originarie al servizio di progettisti e creatori di

design. La prima affinità riguarda il fatto che il design, in qualsiasi

modo lo si definisca, è innanzitutto un’arte della vita privata, in

opposizione alla vita negli spazi pubblici. Appartiene al mondo

intimo che gli anglosassoni rendono con una parola più ricca di

implicazioni sociologiche, privacy, quella dimensione di interno

in cui l’uomo si ritrova in un ambiente a propria misura e dove

concepisce oggetti per la propria vita.

Dal suo apparire il mosaico è stato creato per prendere posto

in questo quadro di vita familiare. I primi esempi di pavimenti

conosciuti, nel VIII secolo a.C. in Asia Minore, sono mosaici

multicolori che hanno la forma e le decorazioni dei tappeti

della stessa epoca. Rispetto alla terra battuta il mosaico offriva

l’immenso vantaggio di poter essere spazzato e anche lavato,

come ricorda uno dei suoi nomi in greco.

Un secondo aspetto, presente fin dall’origine del mosaico, e in

tutto il corso della sua storia è il “deviamento” dei materiali. I più

antichi mosaici dell’Asia Minore e della Grecia sono fatti di ciottoli

rotolati e ammassati nei corsi d’acqua, scelti per i loro colori

e disposti, come faranno più tardi gli artigiani di Venezia, “alla

veneziana”. Allontanando certi oggetti naturali dal loro luogo di

appartenenza e dalla loro funzione primaria, il mosaicista, come

il designer, lavora per creare delle associazioni inattese, per

costituire la propria decorazione domestica. Essendo il mosaico

un’arte della giustapposizione, è in tale forma che esso trova il

suo compimento. Certamente le condizioni economiche possono

cambiare e i materiali passare dai più preziosi ai più ordinari, ma

il principio di “deviamento” della materia resta lo stesso.

Una terza affinità essenziale tra il mosaico e il design riguarda

il complesso ambito dei rapporti tra committente ed esecutore.

Qualsiasi cosa si faccia, malgrado una preoccupazione umanistica

presente in ogni progettista, mosaico e design nascono sempre

come espressioni di un gusto privilegiato, di una cerchia di iniziati

e di una moda elitaria. Così la moda dei mosaici di conchiglie trov

nel clima barocco dell’imperatore Nerone l’humus naturale per la

sua grande espansione, quando i borghesi di Pompei imitavano

i fasti di corte, copiando le ville principesche dell’entourage del

principe sulla Baia di Napoli.

E poi sempre così nel tempo, promuovendo il gusto di una

estetica nuova, fino all’incredibile censura di inizio secolo.

E ci è toccato appunto aspettare la libertà postmoderna perch

la complicità tra un creatore e il suo committente potesse essere

esibita come valore e senza infingimenti: questione di pulsazioni

del gusto, semplicemente.

Alla maniera di Plinio il Vecchio, che commenta impassibile:

i pavimenti ebbero origine in Grecia e furono abbelliti con

arte analoga alla pittura fintanto che i pavimenti a mosaico

non li sostituirono. Gli ambienti di rappresentanza delle case

accoglievano i mosaici più belli e costosi, in modo da essere visti

e ammirati anche dagli ospiti in occasione dei ricevimenti.