CHIMERA
Chimera: note sulla collezione | Chimera: notes on the collection
ironica e imaginifica, spesso vicina alla sfera dell’antropologia e della
magia, con il passare degli anni Salmistraro ha costruito un suo universo
fantastico popolato da bestiari in ceramica, giungle su tela e trumeau
polifemici, sempre prendendo spunto e ispirazione dalla natura e
sempre cercando di rendere straordinario il quotidiano. Con queste
premesse l’incontro con CEDIT era, fatalmente, quasi obbligato: da
sempre alla ricerca di nuovi talenti e nuovi sguardi, oltre che di progetti
volti a sondare i confini della ceramica e i suoi sconfinamenti nei territori
dell’arte e dell’innovazione, l’azienda modenese ha visto in Elena
Salmistraro un’espressione significativa della creatività contemporanea
e l’ha coinvolta in un progetto volto a sperimentare inedite interpretazioni
materiche e sinestetiche.
La collezione che Salmistraro ha progettato per CEDIT si intitola
Chimera ed è composta da grandi lastre di ceramica che si offrono
a una fruizione non più solo visiva, legata al disegno e al colore, ma
anche tattile. Come la chimera della tradizione “grottesca”, che fondeva
e ibridava forme diverse, animali e vegetali, mostruose nel senso
etimologico del termine, anche il progetto per CEDIT cerca di rendere
la ceramica sinestetica attraverso uno sviluppo tridimensionale che
riproduce esattamente la texture delle pelli e dei tessuti, creando una
sorta di effetto stratificato completamente inedito, all’insegna di una
sensibilità tattile che ricorda la passione di un maestro come Sottssass
per le “superfici parlanti”. E sembra parlino davvero le superfici delle
lastre che Salmistraro ha realizzato: in Empatia sono volti di pagliacci
che teatralizzano la freddezza e la lucentezza dei marmi mescolandosi
con richiami grafici all’Art Déco; in Radici vengono usate le texture delle
pelli e del cuoio come per riconnettere la ceramica ad altre materie
che stanno all’origine dell’attività e della creatività umana; in Ritmo è la
texture del tessuto che dialoga con la terracotta, quasi omaggiando quel
razionalismo tattile dell’ordito e della trama che in passato ha avuto in
Anni Albers, pioniera del Bauhaus, una delle interpreti più sensibili; infine
Colore ha una base puntinata realizzata con un software con l’obiettivo
di esaltare il contrasto fra l’analogico e il digitale, fra il segno grafico
e la materia su cui il segno si imprime. Estetica della sovrapposizione
e della mescolanza, ma anche e soprattutto della sinestesia: come
nei suoi disegni, anche nelle lastre della collezione Chimera il segno
di Elena Salmistraro è movimento e accelerazione. Non un processo
di rappresentazione ma di esplorazione. Del mondo e di sé. Quasi una
pratica zen per astrarsi dal mondo e, al tempo stesso, per conoscerlo
meglio. In tutti i sensi.
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